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Lorenza Auguadra

Lorenza Auguadra é nata a Cantù e attualmente risiede ancora in provincia di Como, ma si considera cosmopolita e, più ancora: “nel mondo, ma non del mondo”, così per come si caratterizza il carisma laico francescano. Dopo l’esperienza di delegata di fabbrica e una lunga militanza, quale sindacalista e componente di segreteria nelle realtà tessile prima e poi metalmeccanico, oggi presso la CISL dei Laghi, si occupa di bilateralità dell’artigianato del territorio comasco e di ambiente e sicurezza nei luoghi di lavoro. Parte della sua professionalità si concretizza nell’attività di formatrice, prevalentemente dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dei responsabili del servizio prevenzione e protezione. Figlia della realtà del proletariato, può solo portare a completamento la scuola professionale di Analista Chimico con specializzazione in Analisi Cliniche. Sarà durante gli anni vissuti in fabbrica come operaia che, scoperta la sua attitudine per le materie umanistiche, s’impegna per conseguire il Diploma Magistrale, iscrivendosi alla Facoltà di Filosofia all’Università Statale di Milano. E’ socia del gruppo letterario Acàrya che ha iniziato a frequentare nel 1983. Ha pubblicato: alcune poesie sulla rivista Como, sul periodico AZETA della CISL di Como, nell’Antologia Voci e immagini poetiche e nell’Agenda poetica 2007 dell’Acàrya di Como; in L’arz e la Stèla Donne in poesia lariana, con la poetessa Gisella Azzi, ed. Ikona; nell’Antologia Visioni Poetiche e nelle collane I poeti contemporanei, ed. Pagine; Gelato a colazione, raccolta di fiabe, ed. Italia Letteraria.Nel 2014 sempre con edizione Pagine pubblica la silloge Salmo a sera. Nel 2015, dopo un viaggio a Sarajevo che le rimane particolarmente impresso nella memoria, pubblica il quaderno dell'Acàrya nr. 48 (in prosa, sulla copertina una foto del tunnel Sarajevski Ratni) dal significativo titolo Ho visto sorgere il sole a Sarajevo.

PLURALE

In lontananza là che viene
a dare terra dello stare
scrutare minuzioso
e presto trapassare.                                        
Oscuro punto in affanno
il dono oltre fessura 
o pietra su cui fermare
l’ultima defezione.
Tarlo e barlume
il sentire nodoso di una fune
a lasciarsi calare
in legno silenzioso.
Tarlo o barlume
la sete di chi ha trovato
quell’oltre che rassicura
che in svolta congiunge
e subito spezza
il volo per chi si affida 
il niente di chi resta.
 

TORNO

Non hai visto dove sono morta
là nell’oscuro quando la linfa s’incontra   
con la metà del sangue di latte
per carne in spinta su battito d’ora.           
Rimandami carezza che fu sapienza
che viso chiama corpo attende
essenza di tutto di chi porta il gelo
il tradimento della partenza.
Prendimi sola quasi senza carne
per viso pallido di chi ha sottratto
di seno scarno che non s’è dato
al tempo a labbra dell’infante.
Dalla notte torno se fu mai partire
di terra per terra senza domandare
dal legno di promessa torno per fiamma    
solo a compiere il tempo a tramutare.
 

ACCENDIMI POESIA

Accendimi questa notte
è mancato il canto di strada
era affanno non respiro
solitaria andatura
che l’aria tagliava.
Dimora di carezza alcova
dove tutto si accomoda
dall’utero di lapis a pergamena
muto il silenzio accoglie    
lapillo nel qui e ora
di-verso in parola.
 

TI PORTO

Nel tuo giardino sfiorito
per rami spogli di stagione
prossima a lasciare i ricordi
ascolto la sonorità
del ritmo fra poco compiuto.
Di troppo è rimasto
il cumulo ristretto dei giorni
anche il sonno è leggero
la notte racconta di scelta
l’imbarco per l’eternità.
Adesso son io che ti porto
nel vivo delle parole
o silenzio di pensiero
più oltre chissà
chi avrà cura di ricordo
forse un poeta ubriaco
rimasto a brancolare in un verso.
Lo dicono i tuoi occhi lo chiedi
come chi s’apre all’ombra della pietra
e insieme sussurra incredula 
alla morte il sacramento del dopo.