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ANTONINO MAINO

 

Antonino Maino nasce il  1° settembre 1915.
Trae ispirazione per la sua poesia dalla propria esperienza umana e dalla realtà che lo circonda. Poesia quindi costantemente aderente al reale. I suoi stati d'animo, il mondo che lo circonda, la "sua" Como, la sua adesione al dolore rivela una profonda umanità, una sensibilità che non sempre risolve liricamente. Il suo  linguaggio tende a vestire di una nuova forma  la sua ispirazione poetica. Una forma che si appropria di nuove nomenclature, vocaboli e aggettivi presi dalla realtà odierna; realtà della tecnologia, del progresso , del consumismo. Non sempre la sua poesia è di facile lettura, ma esercita comunque un'attrazione che si apre in misura diversa da uomo a uomo e parla tramite le parole anche quando queste da sole non arrivano ad esprimerla. L'amore per lui è coscienza d'una frattura insanabile tra il mondo esterno e il cerchio di una solitudine disperata.
Pubblica nel 1987 "Dal lago controvento", una raccolta di racconti, divagazioni, battute e aforismi. Un volume di piacevolissima lettura giocato sull'umorismo surreale e un poco amaro di chi, presa coscienza della realtà umana e sociale in cui vive e ne mette alla berlina vizi e difetti. Nel 1990 pubblica il quaderno dell'Àcàrya numero 12 dal titolo "Un uomo pieno di nebbia"  e questa sua prima raccolta di poesie ci rivela la sua validità come poeta. Il lago è uno dei temi ricorrenti nelle sue poesie dove subisce l'incanto dell'atmosfera notturna sul lago e si smarrisce in una dolcezza fatta di speranza e di gioia in attesa di una nuova aurora. Nel 1994 pubblica un secondo quaderno dell'Àcàrya numero 20  dal titolo  "ma Tu non c'eri" Nelle sue poesie si trova il ricordo e la memoria della sua compagna accarezzato con tiepida tenerezza e si lega alla dolente coscienza che quel tempo è irrimediabilmente perduto. È mancato  il 31 marzo 2003.
Tratte dai suoi libri alcune poesie:


Quarta età

Al di là delle nebbie
sarà evanescente
abbagliato da luci astrali
ispirato da contemplazioni
surreali
            camminerò nel mondo Alto
            che ha bambagia
            al posto della terra.
Mi sposterò nel cosmo
utilizzando nuvole veloci,
cercando ideali sommi,
troverò il vento,
            non avrò passato
            né futuro
            mi sentirò una strana cosa
            un rammendo di vita
            rattoppato dall'indifferenza.
Eppure non sarò finito
aliteranno in me
aneliti novelli
da nascituro
riciclato
per la quarta età.


Ringraziamento


Oggi,
dopo un lungo bagno
nella malinconia.
ho acceso la luce,
e subito la lampadina
mi ha sorriso.


Luna


In notti tiepide e serene
la luna è solitaria in cielo,
ma sul prato
ogni stilla di rugiada
rispecchia il suo pallore
e fa sognare.


Ultimo bacio


Bagliori di larici bruciati,
camini di sasso, abeti
ebbri nel vento
d'autunno.
I tetti aguzzi di Sarnes,
anni felici
sfilati troppo in fretta.
L'ultimo bacio, poi
il silenzio.
La tua immagine
non s'è ingiallita
nel laccio struggente
del tempo.
Ora mi sento inutile,
un guanto spaiato.
Mi sovrasta,
una nube minacciosa,
chiamata solitudine.
Ho vissuto la vita
nell'orbita del tuo sguardo
azzurro
e ti ringrazio.
Ora sono consapevole
che il meglio di me
l'ho consumato allora,
offrendolo a te.


Violette


Avevamo pensato, con malinconia,
che non ci saremmo
mai più rivisti,
ma oggi è primavera,
come potrei non regalarti
viole mammole, unite
in girotondo nel solito mazzetto
di carta crespata, tutta ricami e pizzi,
e ancora sapranno
parlar d'amore
come succedeva
nei pomeriggi tiepidi
trascorsi nei prati
e nei viottoli di Sarnes.
E mattine di quei tempi
quando a lungo pigrottavo
in lenzuola di lino
e ascoltavo bellissime canzoni
che parlavano di baci.
A giorni rivedremo le ciliegie,
le prime fragoline selvagge
sulle prodi, ai bordi
del bosco fitto di larici e abeti.
E la canzone ripeterò
che i baci erano proprio ventiquattromila,
anche se non li abbiamo mai contati.
Oggi le mie violette
sono quattordici soltanto
e le ho portate tutte a te,
al camposanto,
Tu, certamente le avrai notate