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Adriana Gervasini

Adriana Gervasini è nata a Milano
Risiede a Como dal 1946 dove ha compiuto studi scientifici e ha studiato pianoforte. Scrive da diversi anni e la sua poesia è cosparsa di metafore.
Talvolta sembra dialogare con un ipotetico lettore amico o un parente lontano dando sfogo alla sua tristezza e malinconia.
Ha pubblicato due quaderni dell'Acàrya: il nr. 11 "Le ore e la pausa " e il nr.26 "Dimenticare l'oceano".
Fa parte del gruppo letterario Acàrya dal 1984 dove ha rivestito numerosi e importanti incarichi.

 

La scala a chiocciola

Queste ore
sono un tempo senza voce.
 Il pensiero guarda
all’invito di una pagina vuota,
ma c’è qualcosa in me
che si nasconde.
E’ il giorno della penna indolente
fra le dita,
del grigio intervallo
tra i bisbigli e le grida,
mentre parole bussano
sulla fronte pigra.
E’ il giorno del desiderio
di tranquilli sentieri
tra il verde taciturno,
della voglia di smarrirsi,
di scivolare lungo il pendio,
di lasciare che il tempo
mi attraversi.
C’è una finestra illuminata
sulla mia spiaggia d’inverno
che mi lascia scorgere,
alla fine del viale,
una scala a chiocciola
che si avvita
verso il cielo.

 

L'Urlo del mare

Franca mi ha telefonato
alle nove del mattino
offrendomi
la voce del mare
in corsa sulla riva.
Mi sono vista
nel suo disperato grido
in un giorno ventoso,
sereno e agitato.
Io, fra il silenzio delle colline
ho chiesto ai miei occhi
di vedere solo
le onde sconvolte,
a me così vicine,
simili al mio momento
che rispecchia l'animo arreso
ed il mio chinare il capo
alla seduzione
dell'urlo del mare.

 

Io rimango in attesa

Trattengo il sole
nelle mani
in questo tramonto d'ottobre;
la forza che chiedo
è infinita.
Mi trascina
nell'ombra dell'inverno
senza alcuna indulgenza,
con la forza propria
e ineluttabile
di un ciclo di vita.
Il vento spolvera i tetti
e avvolge le case.
Dalle nuvole un sale gelido
che rabbrividisce le membra
e porta agonia alle foglie
non più verdi.
Sulle barche ormeggiate
un sonno invernale.
Prenderanno il mare
in primavera
per rivivere giorni di rinascita.
Io rimango in attesa.

 

Che sia quel che sarà

Camminiamo insieme
tenendoci per mano
in questa confusione di pensieri
incessante travolgimento di idee
verso ciò che non vediamo,
attraverso nebbie quotidiane
e piogge che frustano la strada
e ci smarriscono.
Sto dimenticando il mio nome
tra rovi inestricabili
di parole tradotte
da una confusa parafrasi,
e sono sola
ad indurmi di capirle.
Tornerò forse a me stessa,
ai miei sogni,
al mio semplice cammino
e che sia quel che sarà.