Gianni Amarù stà, nel ricordo
degli àcàryani, come la figura del professore di lettere, del socio
fondatore, del poeta, dell'organizzatore di concorsi letterari a livello
nazionale. Suo il suggerimento del nome della nostra associazione "Àcàrya"
che in
Sanscrito (antica lingua indiana) significa "insegnare con
l'esempio".
Originario della Sicilia (dov'era nato nel 1941), portava
dentro di sè il calore e l'ardore della sua terra, comunicando con la
poesia la nostalgia per il paese lasciato e, a volte, la rabbia per la
consapevolezza della miseria che ancora affligge la povera gente. La sua
lirica richiama spesso situazioni dolorose, ma sa cogliere anche momenti
magici ispirati dalla città di Como in cui visse un periodo della sua vita
insegnando in un istituto superiore. Dalla sua terra natale, dove rientrò
costretto da una grave malattia, così scrisse «per me è molto bello
essere consapevole che l'Àcàrya continua al di là delle nostre presenze
individuali...»
È mancato nel 1990. Ma, certo, sarebbe orgoglioso del fatto che
abbiamo tenuto vivo (anche per suo ricordo) il nome da lui proposto nel
1977, anno della fondazione.
Como
Appare Presepe
stasera Como
sopra Viale Geno
A cento, a cento
sorridono luci
(-occhi di neon,
riflessi gioiosi -)
a lambire
sonnolenti comballi.
Da qualche parte ( - credo - )
nasce
Gesù Bambino
non ancora Cristo.
Vorrei fermarmi ( - sereno - )
a contemplare
ma spilli atroci
( - un freddo doloroso - )
lacerano le labbra
indifese.
senza titolo
Per quanto ancora
continueranno i nostri occhi
a sentirsi estranei,
attenti a non svelare trasparenze
di sensazioni indomite ?
Le nostre sono barriere amare.
Per quanto ancora
sobbalzeremo per sussurrati richiami
ondeggianti nel vento
di malinconici, solitari giorni ?
Il dolore ci scalfisce dentro
e l'angoscia gioca a dadi con noi,
vincente .