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Cesare Puppi

Cesare Puppi è uomo e poeta ' trasparente ' che lascia intravedere nelle sue espressioni la sincerità e la semplicità che lo contraddistinguono. Il gruppo letterario Acàrya trova in questo suo poeta, che descrive attimi della nostra vita, vicende che accompagnano l'uomo nel percorso terreno. Le sue poesie ricorrono raramente a metafore e allegorie e, per andare direttamente all'argomento trattato, usa parole semplici ma che sono frutta di un'accurata ricerca e di perfezionamento stilistico. E' una persona desiderosa di conoscere e, pertanto è ascoltatore attento, cerca di scoprire negli scritti che legge quelle infinite sfaccettature di emozioni che in fondo appartengono a tutti e appartengono al bagaglio poetico di ognuno. Scrive sia in lingua che in dialetto, dove riesce a cogliere meglio l'essenzialità dell'espressione come nell' esempio che trovate poco dopo dove il ricordo dei telai nelle case dell'immediato dopoguerra è ancora vivo nei suoi ricordi di fanciullo. Padre di quattro figli maschi e nonno tenero e premurosi insieme alla moglie Bruna si prodiga silenziosamente nell'assistenza di quelle persone che necessitano di un aiuto costante.

 

FERMO IMMAGINE

Ognuno
se giunto è
alla crociera
seco portando
fardelli
ormai sbiancati
e
lisa la giubba
più non ricopre
l'ossute curve,
fermarsi suole.
E il balbettio
gli duole in petto,
quando
al cospetto
di una materna mano,
velato
un sorriso,
lo invita
a riguardare il cielo.

 

CANZUUN D’UNA VÖLTA                                                                                         

Tirlicch – tirlacch tirlicch – tirlacch……                                                                               

Benédéta e santa munutunia
südada par vündas o dudas ur;
tücc i dì sta sinfunia
trapassada sura ‘i müür
ca sbüsava fort i’urecc
sia di giuvin che di vécc.

Ul svilüpp d’un macchinari
in di cà dal nost paéés
l’è staa un fattu straurdinari;
par rüvà a la fin dal méés.
Un quai ghèll al fava ciaar
propi grazia al sciür telaar!

L’è düraa un bell poo d’ann
quell sistema da fa pézza
fin che ul tèmp un poo tirann
la smuntaa pusséé da mézza
la furtüna di artigiaan
ch’in restaa cui maan in maan.

Gh’è vurüü tüta la scienza
par pudè valzà su’l cò;
e chi poor Mangiacuscienza
hann duvüü rangiass anmò.
Dal telaar s’in sluntanaa:
varda ul mund ma l’è cambiaa.

In dal cünt da certi stori
anca faa da fregadüra,
g’ha stà déént che ul nost Vittori
l’ha furgiaa ‘na miniadüra
d’un telaar ca l’è ‘n giuiell
una grazia, un bèll vidéll!

…al museo sù par Com
un regal lü al g’ha faria:
ma l’é mej che chì al restass
par cantà quela canzuun                                                         
fada tüta da frecass.
Culpi stracch
o culpi fort
sempar bèla la suu sort:
la sa sparg in l’aria fina
cui campan da la matina.

….tirlicch – tirlacch….tirlicch - tirlacch

Canzone di una volta (traduzione dal dialetto guanzatese): tirlicch e tirlacch ( rumore tipico del telaio)Benedetta e santa monotonia/coperta da sudore per 11/12 ore/tutti i giorni questa sinfonia/che attraversava i muri/e bucava le orecchie/Sia dei giovani che dei vecchi ./ Lo sviluppo di macchinari/diffusi anche nelle nostre case,/fu un fatto straordinario/che aiutava a “tirare la fine del mese”./Il guadagno derivante/era un vero grazie al telaio./Il boom di fare la pezza durò/parecchi anni finché subentrò/un periodo tiranno che fece andare /in crisi il sistema,/mandando gli artigiani a mani vuote./Ci volle una ferrea volontà/che unita alla scienza offrì ai Mangiacuscienza / l’opportunità di adeguarsi ad altri lavori./La storia è ricca di capovolgimenti /e di fregature…ma non per questo/priva di episodi sorprendenti. /E per calarsi in quei tempi,/un nostro intraprendente guanzatese,/ il nostro Vittorio /mettendo insieme arte e passione,/ ha creato un modellino di telaio anni 50,/ con il suo bravo movimento:/definirlo gioiello non è esagerato/ in quanto potrebbe...tra le curiosità del Museo del Setificio, /a Como. Ma con un po’ di presunzione,/ tratteniamolo tra le nostre mura,/ affinché lo si possa ammirare, /mentre l’inconfondibile suono della navetta,/ diffonde nell’aria mattutina / la sua canzone: tirlicch-tirlacch—tirlicch-tirlacch ( suono onomatopeico del telaio )

 

I GARBUJ

Ta guardat ul dadèntar
da la fiama
ca brüsa in sül camin;
ta se lì 
par dumandaach ‘quaicoss
ma da préciis vèèn fö nagott.
Né da la crapa
né dal goss.
Epüür ul so caluur
al duaria sculdatt:
la su’ brasa
l’è lì, ca la sa bütta ‘doss
cum’è ‘n’amiis
c’al vöör brasciatt.
Pensi al mund intrééch
ai maraa
ai fiuritt …
ai puaritt;
ma véén da métt inséma
i mè robb vécc,
ul mè passaa
cun quell che incöö
g’ho sota j’öcc.
Ma resti sèmpar cui mè dübbi,
presunéé d’un péés murtaal.
Ul Codice civil, ul libar di rizzett
e j’oltar becédari
ma paran barzélétt
o poor prupost.
Ma, cus’è ca vöri, alura?
…..inturnu intant al sa fa scüür
…..turni a rimirà’na fiama smorta!
G’al dumandi,
la implori: par piésé…
…. silenzi; disappunt!
La taas: ma…sstt
forsi ul fulett al ma rispund.
E in verità al ma diis:
fa cum’è mi,
brüsa pooch a pooch
i regaj che la vita la ta dà;
di robb grand abbig timuur.
in quell dì la,
famuus
ca vegnarà,
ul fööch ca gh’emm a sura ‘l cò
in da l’eternità d’amuur,
al metarà la paas
finalmént,
déntar da ti.

Traduzione dal dialetto guanzatese: Guardi dentro/ la fiamma/ che brucia sul camino;/sei lì/ per chiedergli qualcosa/ ma di preciso non ti esce nulla/.Né dalla testa/, né dalla gola/. Eppure quel calore/ dovrebbe scaldarti/: e la brace/ è presente,ti vuol prendere/ come un amico / che desidera abbracciarti .//Penso al mondo intero/ ai malati/, ai bambini/,ai poveri/;mi viene da riunire/ le cose vecchie/, il mio passato/ con quello che oggi/ passa davanti agli occhi/./Mi rimangono i dubbi/ che sono un peso mortale/.Il Codice civile/, le varie ricette/ e vari scritti/ sembrano barzellette/ o povere proposte/./Ma,alla fine cosa voglio?/….d’intorno, intanto viene buio/ …..sono attratto dalla fiamma smorta!/ Glielo chiedo/ la imploro: per piacere…/ silenzio/disappunto!/ Ella tace: ma…zitti/ forse un folletto vuol rispondermi/.E in verità mi dice/:fai come me/, brucia poco a poco/ i regali che la vita ti dona/;abbi tema delle grandi cose/. In quel giorno/,famoso/ che avverrà/, il fuoco che abbiamo sopra di noi/ nell’eternità d’amore/,metterà la pace/ finalmente/,dentro di te.

 

Clown 

Sotto grandi spicchi
colorati
mimi ammiccanti
sfilano
goffi
nelle tute smaglianti
esibendo
un copione
sofferente.

Così
Grok e Sputafuoco
Mustafa’ e Shalima
portano a incrociate ironie
tra esilaranti acrobazie
nel graffiante linguaggio
dell’utopia spicciola

Gravitano
sulla pista semibuia
ombre frammiste
coraggio e paura
in questo spazio seducente
si diffondono
con l’eco sprezzante
di stridule risate

Come nel circo della vita
un pudico silenzio
tra un applauso
e un sorriso
nella mestizia della notte
accoglie
un’ultima lacrima

 

SE IL VENTO

Se il vento avesse un volto
prima o poi, si degnerebbe
di concedermi un sorriso,
o di innalzarmi un canto...
senza tutte queste urla
neanche fosse un dilettante
dell'orrore.

Se il vento avesse orecchie
ascolterebbe i gemiti
di chi non lo sopporta.
Ma ascolterebbe anche
i sospiri compiaciuti
di chi gli porge il viso
quando, in luglio,
prode, mette in fuga l'afa.

Se il vento avesse gli occhi,
guarderebbe bene
dove mette i piedi ...
perché soltanto i piedi
pare che lui abbia,
piedi e mani dispettose
con le quali gioca
a maltrattare i fiori
figli amati dalla terra.

Se il vento avesse un cuore,
fluirebbe in soffi lievi
sulla base equilibrata
di un sereno immaginare:
diventerebbe brezza
e sarebbe una carezza
per le mie sensazioni.
A Giulia  
Passò il comballo
dal carico greve
silenzioso
nella sua nobiltà;
stupiva la placida vela!
Alla fresca brezza
affidai il mio sogno
come in un abbraccio,
come in una traccia d’inconscio.
Ed ella s’avvicinava, s’avvicinava…
quasi sfiorando le mie fragili membra
e quel mio appartenerle
si tuffò
nel tormentato reflusso argenteo
ove la mia solitudine
si spense 
e nel grembo
dell’antico porticciolo 
s’addormentò.